22 maggio 2011

I re leone? Il ruggito delle economie africane

Si sente spesso parlare della crescita dei BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e dello spostamento del potere economico verso l'Asia. Ma la storia di successo degli ultimi 10 anni si trova altrove.

Un'analisi di The Economist (pubblicata all'inizio del 2011) ha scoperto che tra le 10 economie mondiali che sono cresciute più rapidamente, ben 6 si trovano nell'Africa sub-sahariana.

L'unico Paese BRIC nella Top Ten è la Cina, al secondo posto dopo l'Angola. Gli altri 5 'sprinter' (o velocisti) sono: Nigeria, Etiopia, Mozambico e Rwanda, tutti con tassi di crescita dell'8% e oltre. Nei 2 decenni prima del 2000, la classifica era composta da 9 Paesi asiatici e una sola economia africana, l'Uganda.

Tra il 1980 e il 2000, il tasso di crescita del PIL reale dell'Africa sub-sahariana ha registrato una media del 2,4%. Tra il 2000 e il 2010, è salito a una media annua del 5,7%, battendo l'America Latina (3,3%) ma non l'Asia (7,9%). La grande performance dell'Oriente riflette ampiamente il peso della Cina e dell'India; gran parte delle altre economie hanno registrato una crescita più lenta, come Corea del Sud e Taiwan (4%).

Nel corso dei prossimi 5 anni, l'Africa potrebbe passare in vantaggio. Ovvero, l'economia media africana sorpasserà la controparte asiatica.

O almeno dovrebbe. Le economie più povere hanno più potenziale per crescere e recuperare. Lo scandalo è stato che, in passato, il PIL pro-capite africano è diminuito per così tanti anni. Nel 1980, gli africani avevano un reddito medio pro-capite quasi 4 volte più alto di quello cinese. Oggi, i cinesi sono 3 volte più ricchi. La crescita demografica in Africa rallenta l'incremento del reddito pro-capite, anche se quest'ultimo è comunque cresciuto a un tasso annuo del 3% sin dal 2000, quasi due volte più velocemente rispetto alla media globale.

A favorire i cambiamenti in Africa sono stati principalmente la crescente domanda cinese di materie prime, l'afflusso di investimenti diretti esteri (specie dalla Cina), gli aiuti esteri e la riduzione del debito. L'urbanizzazione e l'aumento dei redditi alimentano una crescita della domanda interna più veloce.

Anche la gestione economica è migliorata. Aumentano i casi, infatti, di entrate pubbliche messe da parte dai governi (ad esempio Tanzania e Mozambico) per tamponare eventuali recessioni. In passato, i governi sperperavano tutto in spese folli (purtroppo alcuni governi continuano a farlo ancora oggi, ad esempio il Zimbabwe di Robert Mugabe).

Di ostacoli al progresso dell'Africa ce ne sono ancora tanti: l'instabilità politica, il debole stato di diritto, la corruzione cronica, il blocco infrastrutturale, i settori dell'educazione e della salute in cattivo stato.

Senza riforme, l'Africa non sarà in grado di sostenere una crescita più rapida. Ma le sue “economie-leone” si stanno guadagnando un posto di tutto rispetto accanto alle tigri asiatiche.

Fonte: The Economist

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