31 gennaio 2011

La rivoluzione verde del Malawi: un modello per l'Africa?

Il mercato di Ekwendeni, nel nord del Malawi, è in fermento e sfoggia mille colori: montagne di manghi e banane, sacchi di farina e barattoli di fagioli  che luccicano al sole del pomeriggio. Ma sei anni fa la scena era molto diversa.

“Ai tempi della carestia, le persone non potevano vendere queste merci tranquillamente. Oggi, invece, c'è più sicurezza alimentare. L'offerta ha superato la domanda” sostiene Edgar Bayani, esperto locale di agraria che attribuisce la generosa fornitura alimentare a una giusta dose di pioggia e al programma di sussidi del governo.

Fino al 2005, il Malawi aveva sofferto 6 anni di scarsità alimentare, una situazione che si è ribaltata dopo l'introduzione dei sussidi agricoli nel 2006. Ma si tratta di una soluzione sostenibile? Secondo Bayani, no: “Il concime utilizzato rovina la fertilità e la struttura del suolo. In più, il programma è finanziato dai donatori, noi non possiamo sostenerlo economicamente.”

Un gruppo di ricercatori canadesi la pensa come Bayani e ha lanciato un progetto per lo sviluppo agricolo sostenibile chiamato Soils, Food and Healthy Communities (SFHC), che aiuta gli agricoltori locali a diversificare il raccolto.

26 gennaio 2011

La musica che unisce il Sudan, nonostante la guerra e il referendum

Il ritmo contagioso delle percussioni africane applicate al hip-hop contemporaneo incontra la melodia armoniosa di un classico oud mediorientale. Il linguaggio giovanile e un po' brusco di un rapper che si esprime in inglese, dinka e nuer, si unisce a un testo poetico cantato in arabo.

È la musica di 'Ceasefire' (tregua), una collaborazione musicale del 2005 tra Emmanuel Jal, giovane rapper dal Sudan meridionale, e Abdel-Gadir Salim, affermato cantante dal Sudan settentrionale. Tramite la musica, i due artisti cercarono di fare qualcosa per colmare il vuoto lasciato dagli insuccessi della politica.

Jal è nato all'inizio degli anni Ottanta nel sud del Paese. Pochi anni dopo viene reclutato dalla Sudanese People's Liberation Army (SPLA) e diventa un bambino soldato durante la seconda guerra civile del Sudan. Stanco degli orrori del conflitto, riesce a scappare con dei bambini-soldato in un altro campo  di ribelli, dove incontra una volontaria inglese che riesce a portarlo – clandestinamente – in Kenya.

20 gennaio 2011

Un gol per il Kenya: bambini di strada studiano, crescono e si divertono grazie al calcio

La situazione in Kenya, come nella maggior parte dei Paesi africani, può essere molto, molto difficile per i bambini appartenenti alle classi disagiate. Alcuni vivono e lavorano per strada, altri sono orfani e forzati a gestirsi da soli sin da piccini, non tutti hanno l'opportunità di divertirsi in modo sano e spensierato come dovrebbero.

Tra le numerose iniziative che mirano a educare e reintegrare i bambini nella società, ci sono quelle sportive. Come riconosciuto dall'ONU, lo sport e le attività ricreative sono modalità divertenti per apprendere valori e lezioni.

Lo sport promuove l'amicizia e la correttezza, il gioco di squadra e la disciplina, il rispetto per l'altro e altre qualità pratiche che aiutano un bambino a diventare un individuo consapevole e solidale, a imparare ad affrontare le sfide della vita e a sviluppare l'autostima e la capacità di leadership (Unicef Italia). 

La Victoria Soccer Academy (VSA) è una ONG keniota che cerca di facilitare il reinserimento sociale dei bambini (sia maschi che femmine) tramite il calcio in Kenya. Si occupa di ragazzi con disagi sociali, orfani e bambini di strada provenienti dalle periferie della capitale Nairobi e dal villaggio di Alwor (provincia di Nyanza, a sud-ovest del Paese), dove circa il 65% della popolazione è costituita da giovani sotto i 20 anni di età.

15 gennaio 2011

Niqab: il volto e la voce delle donne afghane in TV

“Avevo tanti piani per la mia vita. Ma appena ho visto l'uomo che avrei dovuto sposare, i miei sogni sono svaniti”. Saraya parla in modo sommesso e si torce nervosamente le mani. “Dissi a mio padre che non lo volevo sposare e gli chiesi: 'perché mi fai questo?' Mi rispose che avevo l'età giusta per il matrimonio e che la decisione spettava a lui, non a me”.

All'epoca lei aveva 15 anni e fu forzata a sposarsi con un uomo di 58 anni, un noto stupratore con tanto di fedina penale sporca.

Un tumulto di emozioni sgorga liberamente da Saraya che, nascosta dietro una maschera, racconta -come non ha mai potuto fare prima-  episodi della sua vita in uno studio televisivo.

Partecipa al nuovo e rivoluzionario programma afghano “Niqab” (La Maschera), nel corso del quale le donne possono condividere le loro esperienze ed esprimere le loro emozioni e opinioni senza paura, poiché protette da una maschera.

L'oggetto che copre il volto delle protagoniste è per metà blu pallido (il colore del burka) per simboleggiare l'oppressione delle donne, e per metà bianco per rappresentare l'innocenza delle stesse, spesso costrette a diventare mogli quando sono ancora bambine.

04 gennaio 2011

Juan de los Muertos: gli zombie invadono Cuba

A cinquant'anni di distanza dalla storica Revolución, una nuova rivoluzione sta per iniziare a Cuba. È quanto promette lo slogan di un film che uscirà nell'autunno del 2011 e che sta già riscuotendo un grande successo tra gli abitanti dell'isola – e non solo.

Juan de los Muertos fa parlare di sé per vari motivi. Primo: è un film cubano che non rispetta gli schemi osservati, tradizionalmente, dal cinema nazionale dell'isola comunista. Secondo: per essere un film locale e indipendente, ha un budget molto elevato per gli standard cubani (2.300.000 dollari). Terzo: è il primo film cubano... sugli zombie.

È una commedia-horror satirica e sanguinosa, che alternerà risate e smorfie di disgusto. Il regista Alejandro Brugues la descrive così: “È comunque un film molto 'cubano', che prende in giro il nostro modo di pensare e fare. Per esempio, ecco come reagiamo ai problemi: prima cerchiamo di ignorarli; poi proviamo a fare soldi sfruttando il problema; e infine ci buttiamo in mare e cerchiamo di scappare dal Paese. È proprio quello fanno i nostri eroi nel film”.