21 febbraio 2014

Kakenya: la speranza delle bambine Maasai

Bambine Maasai studiano in Kenya

Nel 1993, a soli 14 anni Kakenya Ntaiya vive un’esperienza terribile che ogni ragazzina Maasai deve affrontare davanti al villaggio, senza piangere: la mutilazione genitale femminile. “Era molto doloroso, persi conoscenza” ricorda oggi la trentaquattrenne Kakenya.

Ma a differenza delle sue amiche, che dopo la cerimonia si vedevano costrette a sposarsi e ad abbandonare la scuola, Kakenya aveva un piano ben diverso. Infatti, la bambina aveva negoziato un accordo con suo padre: aveva promesso di affrontare l’operazione a patto di poter finire il liceo dopo il rito di passaggio. Altrimenti sarebbe scappata.

“Andare a scuola mi piaceva molto. Sapevo che dopo la mutilazione mi sarei dovuta sposare e che il mio sogno di diventare maestra sarebbe svanito” racconta Kakenya. Incoraggiata dalla mamma a lottare per una vita migliore, la ragazza cercò di posticipare il più possibile il rito di passaggio. E quando il padre finalmente le diede l’ultimatum, lei rispose con la sua presa di posizione.

L’atto di coraggio la ripaga abbondantemente: grazie agli ottimi voti Kakenya vince una borsa di studio negli Stati Uniti. Una parte della sua comunità raccoglie fondi per pagarle il viaggio aereo, e in cambio lei promette di ritornare per aiutare il villaggio, chiamato Enoosaen (Kenya occidentale).

10 febbraio 2014

La valigetta a energia solare che salva mamme e neonati

Durante un viaggio di ricerca in Nigeria, alla dottoressa Laura Stachel capita di assistere a un parto cesareo d’emergenza, durante il quale succede una cosa che la lascia a bocca aperta: l’elettricità se ne va e i dottori si ritrovano a dover operare al buio. “Ero l’unica ad essere sorpresa, era ovvio che gli altri erano abituati a lavorare in quelle condizioni, non ci fu alcuna reazione da parte loro” dice alla CNN.

Per fortuna, Stachel ha con sé una torcia e i dottori riescono portare a termine l’operazione senza problemi. Ma nel corso di quel viaggio di 2 settimane nel 2008, la dottoressa americana testimonia molte (troppe) altre volte in cui la vita delle mamme e dei neonati venivano messe a serio rischio semplicemente per la mancanza di elettricità. Le levatrici si arrangiavano come possibile per avere un po’ di luce: lanterne a cherosene, candele, perfino telefoni cellulari. “Ma non sono strumenti adeguati… se qualcuno ha un’emorragia, se un bambino ha bisogno della rianimazione, è necessario avere luce diretta”.

La World Health Organization e le Nazioni Unite stimano che nel 2010 circa 40mila donne nigeriane hanno perso la vita durante il parto, pari al 14% delle morti di questo tipo a livello mondiale. Anche le statistiche che riguardano la mortalità dei neonati sono tra le peggiori al mondo: ogni anno, circa il 4% dei bimbi nati in Nigeria muoiono prima di arrivare ai 28 giorni di vita (in paragone, negli Stati Uniti sono lo 0,4%).

Con l’aiuto del marito Hal Aronson, esperto in energia solare, la dottoressa si impegna a trovare un modo per aiutare le strutture ospedaliere nigeriane. Progettano un sistema elettrico solare capace di produrre gratuitamente l’energia per l’ospedale statale nel nord del Paese africano, dove la Stachel aveva condotto la ricerca.


03 febbraio 2014

La “ruota d’acqua” aiuta le comunità rurali

Ruota d'acqua in IndiaPerché portarsi a spalla 50 litri d’acqua… quando puoi farli rotolare per terra? Spesso si dice che le idee più semplici sono quelle migliori, e questa ne è una dimostrazione!

La WaterWheel, o ruota d’acqua, è un’ingegnosa invenzione che sta migliorando la vita di milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo, facilitando l’accesso all’acqua pulita e il trasporto della stessa.

Ruota d'acqua in AfricaLe prime ruote d’acqua, chiamate Hippo Rollers, si erano viste nel 2006 in Africa. Lo strumento è stato perfezionato dall’iniziativa imprenditoriale sociale Wello, che ne promuove l’utilizzo tra i villaggi rurali in India.

Secondo una ricerca fatta dalla stessa Wello, le donne delle comunità più remote dedicano fino al 25% della loro giornata al trasporto d’acqua per le loro famiglie. Si stima che nel mondo ci siano più di 1 miliardo di persone costrette a viaggiare più di mezzo miglio (più di 800 metri) per raggiungere una fonte di acqua pulita.

Grazie alla WaterWheel si possono trasportare fino a cinque volte la quantità d’acqua portabile a mano o a spalla, viaggiando molto più velocemente. Questo permette di migliorare la produttività nelle zone rurali, in quanto le donne e le bambine – tradizionalmente incaricate di prendere l’acqua – si possono dedicare ad attività più costruttive come l’educazione.